Egregio Dott. Battista,
dopo aver letto il suo articolo ”Chi ha paura delle app” pubblicato sul Corriere della Sera, non posso fare a meno di inviarle questa lettera aperta, non tanto per confutare il contenuto del suo articolo, che ritengo sacrosanto per quel che riguarda l’ineluttabilità del nuovo che avanza, e sulla necessità che le categorie hanno di dotarsi di nuovi strumenti per meglio rispondere alle esigenze della clientela ma, semplicemente, perché lei non coglie nello specifico le ragioni che hanno portato il Governo francese ad arrestare i due responsabili di Uber e il Tribunale di Milano a bloccare “Uber-Pop”.
Il tema, quello vero, è quello della concorrenza e della pressione fiscale sulle imprese .
La maggioranza delle aziende che erogano servizi on line, come lei ben sa, hanno sede in Paesi extra-europei, o in Paesi che godono di forti vantaggi fiscali e non pagano le tasse nei Paesi in cui il servizio viene erogato.
La pressione fiscale sulle imprese nel nostro Paese è del 68,3% ed è la più alta d’Europa (fonte: IlSole24Ore e CGIA di Mestre), se le aziende proprietarie delle app, avessero lo stesso carico fiscale delle aziende italiane, il suo articolo sarebbe da incorniciare ma, purtroppo, così non è.
Ma lei si è chiesto dove pagano le tasse i vari portali che stanno sostituendo tassisti, agenti immobiliari, hotel, cantanti e televisioni ?
Il Governo francese e il Tribunale di Milano, non hanno dato uno stop alla modernità, ma hanno sancito il fatto che siano da tutelare le categorie che sono sottoposte dallo Stato ad una tassazione più alta rispetto ai concorrenti; oltre che a tutti i gravami derivanti dall’applicazione degli studi di settore, alla burocrazia, al costo delle licenze e potrei proseguire descrivendole tutti gli adempimenti che, chi ha la sfortuna di fare impresa in Italia, è costretto ad adempiere.
E’ bello, e piacerebbe anche a me, essere nella sua condizione e poter scrivere del nuovo che avanza e di quanto sia piacevole premere un tasto ed ottenere un servizio a basso costo, peccato che io sia il Presidente Nazionale di un’Associazione di categoria, che da tempo sta lavorando (insieme a tanti altri) per tentare di fare capire alla politica che l’eccessiva pressione fiscale, in 5 anni, ha causato la perdita di 800.000 posti di lavoro.
Questa è l’amara realtà, mentre alcuni sono intenti a decantare le mirabilanti imprese di imprenditori stranieri che pagano le tasse altrove , noi imprenditori e professionisti Italiani, oltre a essere vessati da una pressione fiscale e burocratica ormai insostenibile, veniamo pure tacciati di essere retrogradi e antiquati. E allora passerò pure da Neoluddista, ma vorrei chiedere all’Agenzia delle Entrate e al Governo, come e dove paga le tasse Airbnb, che sta facendo concorrenza (sleale?) agli hotel e agli agenti immobiliari che si occupano di case vacanza.
Mi scusi, Dott. Battista, ma lei si è chiesto perché le maggiori start up partono sempre in Paesi esteri? Si è chiesto perché la Fiat (ad esempio) ha spostato la sua sede legale fuori dall’Italia ? Al netto di queste considerazioni, perché il Governo francese ha preso posizione su Uber, mentre in Italia la stessa decisione è stata presa dal Tribunale di Milano ?
La risposta è semplice i francesi, da sempre, tutelano le proprie imprese, mentre in Italia imprenditori e professionisti sono lasciati soli, da una politica che non è più in grado di prendere decisioni e che non tutela chi ancora tenta di fare Impresa in Italia.
Caro Battista, le assicuro che a parità di condizioni gli imprenditori e i professionisti italiani non hanno nulla da imparare da nessuno; purtroppo non potendo spostare le sedi legali dei loro uffici e delle loro imprese in Paesi con una minore pressione fiscale e con meno burocrazia, restano qui in Italia a pagare il 68,3% di tasse e farsi appellare come neoluddisti.
Cordialità.
Paolo Righi
Presidente Nazionale Fiaip
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