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Economia-Lavoro: la Grecia č vicina

                           La  recente storia economica della Grecia
•      la Grecia è una piccola entità economica; il suo PIL è pari a quello del Lazio,
•      negli ultimi anni ha dissennatamente speso molto... molto di più di quanto potesse permettersi,
•      il saldo di bilancio è diventato sempre più negativo,
•      la necessità di trovare denaro l'ha indotta a indebitarsi sempre di più e sempre a maggior costo,
•      sino a che è stata costretta a dichiarare che non avrebbe più potuto onorare i propri debiti,
•      ogni cittadino europeo ha sborsato (senza saperlo) circa 1.000 euro per la Grecia (titoli non rimborsati + aiuti UE),
•      un'uscita della Grecia dalla UE potrebbe avere un effetto psicologico piuttosto che pratico,
•      potrebbe innescarsi un processo speculativo di breve periodo sui mercati finanziari,
•      comunque ogni ulteriore aiuto alla Grecia sarebbe solo un palliativo e non un rimedio taumaturgico e definitivo,
•      al punto in cui si è giunti, niente e nessuno può salvare la Grecia dal fallimento.
È il quinto anno consecutivo che il Paese è in balia della recessione e con un debito pubblico oltre il 170% del PIL.
 
E' una situazione drammatica che pone in evidenza:
•       la Grecia non potrà in alcun modo ripianare i propri debiti ne quelli passati e ne quelli attuali,
•       tutti coloro che hanno prestato denaro alla Grecia hanno dunque perso TOTALMENTE IL LORO DENARO,
•       la Grecia sta andando inesorabilmente verso il Default (fallimento),
•       la Grecia non potrà quindi pagare la propria struttura amministrativa (stipendi pubblici, pensioni, sanità, ecc.),
•       qualunque aiuto le si possa dare non sarà altro che un piccolo prolungamento di UNA MORTE ECONOMICA ANNUNCIATA.
LA GRECIA IN CIFRE
Tabella principali indicatori macroeconomici (ad es. EIU Country Report: Annual data & forecast) 2012 : PIL nominale (bn Euro) :  199,4 ; PIL reale (%) : -7,1 ; Consumi privati (var.%) : -10,2 ; Consumi pubblici (var.%) : -11,0 ; Disavanzo di bilancio (% sul PIL) : -7,8 ; Debito pubblico (% sul PIL) :157,5 ; Inflazione (%) : -0,1 ; Disoccupazione (%) : 21,7 ; Bilancia Commerciale (USD mil) : -25.12 ; Formazione del PIL (variazione %) : Agricoltura :2,0; Industria -2,1; servizi -8,8
In parole povere, un Paese che ha vissuto sempre al di sopra dei propri mezzi e che è entrata in Europa nel 1981 sulla base di dati di bilancio falsi.
A dicembre 2010 il debito pubblico greco era pari a 352 miliardi di (312 Euro in Titoli e Derivati + 40 di prestiti UE)
In base ai dati di allora (dicembre 2010) presso il sito della Bis (Banca dei Regolamenti internazionali) questa era l'esposizione complessiva in 24 paesi esteri sul debito pubblico greco:
1.     l'esposizione totale dei 24 paesi considerati ( Ue ed Extra-Ue) era pari a 206 Miliardi di euro, di cui 146 Miliardi in titoli e 60 in derivati,
2.     le banche europee avevano gran parte di questi titoli per un ammontare complessivo pari a 162 Miliari di euro, di cui 136 Miliardi in titoli e 26 Miliardi in derivati,
3.     la Francia era il paese più esposto con 65 Miliardi di euro (di cui 57 Miliardi di euro in titoli e 8,3 Miliardi in derivati),
4.     a seguire c'era la Germania con una esposizione di 40 miliardi di euro ( di cui 34 Miliardi in titoli e 6 Miliardi in derivati),
5.     mentre l'Italia aveva un'esposizione limitata a 5,7 Miliardi di euro (di cui 4 Miliardi in titoli e 1,7 Miliardi in derivati). 
Per quanto riguarda i paesi che si trovano al di fuori dell'Europa i più esposti erano:
1.     gli Stati Uniti d'America con oltre 41 Miliardi di euro ( di cui ben 34 in derivati)
2.     la Gran Bretagna con quasi 19 Miliardi di euro ( di cui 14 Miliardi in titoli e 5 miliardi in derivati)
3.     la Svizzera con 4,3 Miliardi di euro ( di cui 1,5 Miliardi in derivati)
4.     il Giappone con 1,7 Miliardi di euro.
 
Come si vedrà più avanti, nel 2012 i predetti prestatori di denaro saranno pesantemente colpiti, dallo Stato Greco, da una pesante svalutazione del loro credito.
 
LA RECENTE STORIA ECONOMICA DELLA GRECIA
 
 ll tutto ha inizio nel 2009, quando esplode la crisi del debito pubblico dell'eurozona, a seguito della crisi dei mutui subprime negli Usa e il conseguente calo della liquidità nel sistema economico e nei mercati. In termini tecnici vengono chiamati Black Swan (cigno nero), eventi inaspettati che creano panico e sgomento tra gli operatori di mercato con il risultato di un forte crollo delle quotazioni, per lo più alimentato dalla componente paura (panic selling e conseguente illiquidità del mercato).
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Nel 2009, la Grecia è protagonista della crisi e lo sarà per i prossimi anni.
La situazione economica del paese si appresta a diventare disastrosa proprio alla fine del 2009 quando il ministro George Papadreou annuncia il rischio di default di Atene.
 
Nel 2010 arrivano i diversi tagli di rating del debito di Atene fino ad arrivare al rating Junk Bond (2011), ossia la valutazione del titolo come "spazzatura". Inizia così la fine dell'economia
greca: nel maggio 2010 viene erogato il primo prestito (chiamato "aiuto") verso Atene, un prestito da 110 miliardi di euro in 3 anni.
 
Nel frattempo, analisti finanziari danno per spacciata la Grecia come un paese sempre più vicino al default, un'ipotesi alquanto possibile visti i numeri di Atene.
 
Nel 2011 iniziano a pesare i rating junk bond sui titoli di Stato e il mercato vende Atene sui mercati.
La situazione peggiora al punto che vengono fatti tagli pari a 6,5 miliardi di euro e nuove privatizzazioni per essere credibili agli occhi dell'Europa e del FMI, unici prestatori di Atene.
 
Il 25 luglio 2011, dopo l'approvazione del piano di austerità, l'agenzia di rating Moody's compie un taglio di rating che equivale ad un "default imminente".
 
A settembre 2011 vengono approvate nuove tasse, questa volta sugli immobili, tasse che servono a ricevere una tranche di aiuti pari a 8 miliardi di euro.
 
Il 21 settembre 2011 il Parlamento approva i famosi tagli alle pensioni, la messa in mobilità di 30.000 dipendenti pubblici e il prolungamento delle tasse sugli immobili fino al 2014.
 
Subito dopo viene istituita la Troika, un trio di istituzioni al servizio dell'unità europea per "salvare la Grecia" (FMI, BCE, UE).
 
La disoccupazione, nel dicembre 2011 arriva a toccare il 21%, il futuro del paese è sempre più incerto.
 
Nel 2012 abbiamo nuovi tagli alla spesa pubblica, tagli che servono ad Atene per ottenere un prestito da 130 miliardi di euro utili a rimborsare i bond in scadenza per marzo.
 
Il problema principale è che il rimborso della scadenza di marzo avrebbe gravissime ripercussioni sulle capacità future di Atene.
 
Arriva il famoso swap sui bond, ossia uno scambio di scadenze tra Governo di Atene e creditori internazionali.
Questo swap, abbastanza inaspettato dagli operatori, è stato necessario per cancellare 107 miliardi di euro di debito a sfavore dei creditori internazionali che hanno visto una svalutazione dei titoli in portafoglio oltre il 75% del valore.
 
Per scongiurare il rischio default. la Troika pone delle nuove condizioni per l'erogazione di un nuovo prestito da 45 miliardi di euro: tra i tagli previsti vi è un taglio dei salari minimi
pari al 22%, un altro macigno per il popolo greco oltre le tasse altissime e l'impossibilità di risparmio.
 
In Conclusione - Oggi Atene ha dei numeri che fino a pochi anni fa avrebbero fatto rabbrividire qualunque economista o analista: disoccupazione al 25,4%, disoccupazione giovanile
al 57% (under 25), rapporto debito/Pil oltre il 170% con tasse altissime e capacità di risparmio tendente allo zero.
 
Sono indubbiamente numeri da default e in questi neanche consideriamo il fatto che tutti i soldi erogati per salvare Atene sono prestiti e non aiuti
 
Ne consegue il fatto che più si presta denaro ad Atene e più la Grecia aumenta il debito, entrando sempre più in un vortice senza fine e con un unico risultato: il fallimento.
28 dicembre 2012

                                                                                            LE IMPRESE DEL NORD EST IN FUGA VERSO LA CARINZIA

Sono sempre più frequenti gli articoli che appaiono sulla stampa specializzata che mostrano gruppi spontanei di imprenditori che si accingono a salire su un autobus con targa austriaca.
Purtroppo il fine non è goliardico e anzi quelle immagini lasciano l’amaro in bocca, se si pensa che si tratta di un nuovo fenomeno migratorio; il senso di disillusione cresce ancor di più se si pone l’attenzione al fatto che non sono schiere di lavoratori o manodopera specializzata ad andarsene alla ricerca di un lavoro migliore, ma imprenditori, cuore pulsante del nord-est.
La trasformazione in corso è ampia: l’apertura delle frontiere nell’Unione europea ha favorito l’emergere di spazi economici transnazionali, che scuotono le nostre rappresentazioni politiche. Il tradizionale concetto di sovranità territoriale viene completamente ridefinito, mentre la nostra classe politica sembra pensare solo a se stessa. Emergono nuovi assembramenti socio-economici, la cui definizione politica resta molto vaga. Queste regioni frontaliere approfittano oggi dell’apertura dei confini intra-europei per ridefinire la loro posizione strategica e riscrivere il loro passato. La Lombardia, il Veneto, il Trentino Alto Adige e il Friuli erano tutte integrate nell’Impero austro-ungarico e trovano ora l’occasione storica di riagganciare agli antichi legami.

Le imprese del nord-est si affidano sempre di più a interlocutori austriaci, a caccia di imprese italiane interessate a trasferirsi o espandersi in Carinzia. Essi offrono consulenze gratuite nell’ambito di tutti gli aspetti coinvolti nella decisione di investire in tale regione, spaziando da informazioni dettagliate sull’economia regionale, alla ricerca della location più adatta, al coordinamento dei processi di sovvenzione e autorizzazione arrivando fino al supporto nella ricerca dei collaboratori.

L’obiettivo è garantire alle imprese un ingresso quanto più possibile fluido nell’economia della regione.

I vantaggi, economici e legali, della business location in Carinzia - La Carinzia è lo Stato più meridionale dell’Austria, si trova nel cuore del Centro Europa, confina con i nuovi mercati dell’Europa meridionale e sudorientale (es. Slovenia e Croazia). Essa, da un lato fa da spartiacque per il territorio di Alpe - Adria, e dall’altro come mercato e apri-porta verso i Paesi dell’Europa meridionale e sudorientale, i Paesi di lingua tedesca e quelli dell’ex monarchia danubiana, interessanti soprattutto per le imprese italiane.
Agli investitori stranieri la Carinzia offre un’economia stabile e sicura, un diritto del lavoro flessibile, un sistema fiscale vicino alle imprese con una tassazione sugli utili del 25%, un apparato amministrativo per il disbrigo pratiche snello e veloce, sovvenzioni fino al 25% per gli investitori nel settore produttivo e fino al 60% per gli investitori nella ricerca e sviluppo, centri di competenza e istituti di ricerca, tra cui nei settori sensorica, fotovoltaico, ICT, del legno, automobilistico ed elettronico, aree industriali e commerciali dotate di luce, acqua e riscaldamento a partire da € 25/m2 e spazi per uffici moderni ed economicamente vantaggiosi, personale esperto nel settore tecnico e commerciale.

In Austria non esistono imposte quali l’imposta sull’industria e sul commercio, l’imposta patrimoniale o l’IRAP, presenti in altri Paesi. Eccellente anche la situazione riguardo alla tassazione di gruppo: quando più imprese si organizzano in un gruppo, i risultati fiscali dei membri austriaci vengono addebitati alle singole società madri e, infine, tassati presso il capogruppo. Le perdite fiscali delle singole società del gruppo possono pertanto essere immediatamente saldate con gli utili fiscali delle altre società del gruppo.
Non solo, ma vengono applicate anche due particolari esenzioni fiscali: l’esenzione per la ricerca atta a favorire “lo sviluppo o il miglioramento di invenzioni preziose per l’economia pubblica”, nell’anno di fondazione può essere richiesto un premio per la ricerca del 10%; e l’esenzione per la formazione da applicare direttamente a soluzioni di formazione e specializzazione aziendali per un ammontare del 20%.

I “dry port”, “porti senz’acqua” per accogliere le merci in arrivo o destinate ai porti marittimi del Nord Adriatico – La Carinzia e i porti del Nord Adriatico (porti NAPA) tra cui Ravenna, Venezia, Trieste, Capodistria e Fiume, hanno stipulato un accordo che prevede la stretta collaborazione per uno sviluppo congiunto e la trasformazione del già esistente centro logistico Alplog Carinthia di Fürnitz (Villach) in un dry port d’eccellenza. I porti NAPA assurgono a potenziali porti per Alplog, e Alplog a deposito per lo stoccaggio.
Sullo sfondo della strategia Europe 2020 (ridurre del 20% l’emissione dei gas serra e aumentare del 20% l’efficienza energetica), l’obiettivo principe del NAPA è offrire in futuro vie di trasporto più brevi verso i mercati dell’Europa orientale e sudorientale, soprattutto nel traffico di merci con i mercati asiatici in forte espansione, proponendo quindi un’alternativa “verde” verso i mercati nordeuropei di Rotterdam, Amburgo, Bremerhaven e Antwerpen.

Detto questo, viene da pensare: mentre si discute di legge elettorale, di riduzione dei costi della politica e di risanamento dei conti pubblici, non sarà anche il caso di monitorare questi flussi migratori per fornire una risposta alternativa agli imprenditori italiani, che vorrebbero non dover trasferire la produzione in Austria, ma sono obbligati a farlo per pura esasperazione?
Le start-up innovative e gli incubatori certificati, introdotti grazie al Decreto Sviluppo - bis dal Governo Monti sono solo un primo step e forse troppo elitario per combattere la concorrenza spietata delle regioni dell’est Europa e oggi anche del nord Europa.
Autore: Redazione Fiscal Focus

 

 

 

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