Un’opportunità delle Banche nell’attuale crisi economica
La crisi economica che da anni ha investito l’economia mondiale trae le sue origini da crescenti anomali usi , o meglio abusi, di sofisticate formule finanziarie aspiranti a divenire un surrogato dell’economia reale . Dette formule, inventate da “colletti bianchi” comodamente seduti dietro le loro scrivanie con i loro computers , prima dell’insorgere della crisi mondiale nel 2008, per la loro caratteristica di non creare ricchezza reale (economica) ma solo di spostare denaro (ricchezza apparente) da alcuni soggetti verso altri, avevano assunto un potere tale da condizionare non solo determinati settori d’attività a scapito di altri ma le stesse prospettive di sviluppo di un intero Paese rispetto ad un altro , capovolgendo le regole di mercato . La crisi attuale è stata la reazione naturale delle Leggi dell’Economia (pari al principio di azione e reazione della Legge di Archimede in Fisica) contro una speculazione che stava prendendo il sopravvento sull’Economia reale su cui deve invece poggiare la solidità e capacità di sviluppo di un Paese. Non a caso la crisi mondiale è nata negli Stati Uniti ,ove la gente pone il guadagno al centro del proprio interesse e affida alla produttività e al consumismo quello sviluppo (auspicato anche in Paesi non consumistici come l’Italia) che serve a ripagare il cosiddetto debito sovrano.
I Paesi deboli , come l’Italia , non dotati di risorse naturali e con una classe politica non all’altezza della situazione, devono attrezzarsi in un futuro già presente per convivere con questa crisi strutturale che cambierà le nostre abitudini di vita . Il surrogato “Monti” è condizione necessaria ma non sufficiente a vincere questa grande sfida culturale che ci aspetta.
Abbiamo tutti l’interesse di evitare il collasso del nostro sistema economico e per questo le Banche, per il peso fondamentale che loro hanno nello sviluppo dell’economia ,hanno anche il dovere morale di rinnovamento e ampliamento del loro ruolo, sensibilizzandosi a conseguire utili economici e non solo finanziari da intermediazione cartacea. Le Banche hanno ora l’obbligo di entrare in campo per creare valore aggiunto. Non stiamo certo affrontando il tema complesso se le Banche debbano entrare o meno nel capitale delle imprese (merchant banking di sviluppo o salvataggio) ma solo che debbano condizionare il loro appoggio finanziario ad un’analisi dei clienti molto più sofisticata di quello attualmente svolta che ora è basata soprattutto sulle garanzie e sull’estetica del bilancio , trascurando l’analisi delle prospettive del settore in cui opera l’azienda, il giudizio sui mezzi produttivi , sulla rete commerciale , sul piano finanziario , sul budget e , non ultimo, sulla serietà degli imprenditori . La banca dovrebbe poi monitorare periodicamente l’andamento aziendale a titolo di prevenzione delle crisi e rimozione degli ostacoli per un corretto sviluppo . Per fare questo però alla banca , oltre alle proprie professionalità interne con mentalità garantista, necessiterebbe di uno stabile collegamento esterno con managers esperti nel campo di
risanamento e sviluppo aziendale . Risanare un’impresa in particolare significa creare valore aggiunto , salvando posti di lavoro e il know how dell’iniziativa in termini d’esperienza professionale ed avviamento utili al Paese , oltre a tutelare gli stessi crediti bancari.
Le banche del 2012 devono in pratica saper parlare in termini d’ingegneria aziendale, branca ben diversa dall’ingegneria finanziaria il cui dominio ha tristemente caratterizzato gli ultimi decenni. Questo non significa decidere le scelte aziendali , in una non auspicabile confusione di ruoli , ma di condizionarle con il loro appoggio finanziario o meno, a tutela del credito dei risparmiatori.
Non stiamo parlando di fantaeconomia perché chi scrive ha maturato tale convincimento in una grande Banca Italiana a Medio termine , generatrice di elevatissimi utili e successi economici, prima che venisse inglobata , per volontà politica, in una Banca a breve termine che aveva necessità finanziarie . I suoi uomini “incorporati” , un manipolo di un centinaio di esperti d’ingegneria aziendale, giudicati inutili nella logica bancaria a breve termine , hanno così dovuto emigrare nel merchant banking o avviarsi al mestiere di managers-imprenditori, portando via quel know how che doveva restare nel sistema bancario e che avrebbe così permesso di finanziare lo sviluppo delle imprese e quindi del Paese . A chi obietta che le nostre Banche non hanno bisogno di nulla perché sono solide , va chiesto quante buone iniziative non sono nate per insufficienze di garanzie reali. Quale danno al Paese ha comportato il venir meno del sistema bancario al suo ruolo di sostegno all’innovazione ? Il Paese non può fare più a meno di un rinnovamento di mentalità bancaria.
Lo smantellamento del credito a medio termine , sancito anche da Basilea 2, che ha contribuito allo smantellamento di queste scuole o meglio palestre d’ingegneria aziendale, deve essere ricreato a latere del sistema bancario , con piccole iniziative private dotate di professionalità depositarie di questo importante know how . E’ infatti da escludersi la possibilità d’assunzione in Banca di questi “anziani esperti” ancora in attività e dotati di prestigiosi curriculum, per problemi di disponibilità e/o livelli d’inquadramento, e pertanto l’unica strada possibile appare quella di creare con loro delle società ad hoc ricche di know how e povere di capitali . Il ruolo della Banca sarebbe quello di presentare aziende da monitorare e quella del manager esperto , socio della Banca nell’iniziativa, di assumere un ruolo di consulenza innovativa , addestrando al contempo dei giovani per tale mestiere. La difesa dei propri clienti è un dovere da parte della banca che ha al contempo anche il dovere di non venir meno al proprio compito istituzionale di erogare il credito per lo sviluppo dell’economia e non per fare speculazioni finanziarie.
|
|